Le date

1848, Lettere patenti e Statuto
Il 17 febbraio Carlo Alberto promulga le "Lettere patenti" che concedono le libertà religiose e civili ai sudditi di religione ebraica e valdese. Da Torino giunge in Val Pellice un corriere a cavallo ad annunciare l'attesa notizia. Il 4 marzo il re vara lo Statuto Albertino che resterà in vigore fino al 31 dicembre 1947. Fortemente innovativo rispetto ai tempi, lo Statuto non superava i limiti del più cauto liberalismo moderato, riservando al sovrano poteri molto ampi, assegnando solo in parte il potere legislativo ad una Camera elettiva per censo.

1848, Le Cinque giornate di Milano
Non appena giunge la notizia che Vienna è insorta, si propaga nel Lombardo Veneto un'ondata rivoluzionaria che fra il 17 e il 23 marzo libera quasi tutta la Lombardia dagli austriaci. I milanesi guidati da Cattaneo si battono con feroce decisione lasciando sul terreno e sulle barricate 350 caduti. Il maresciallo Radetzky si ritira nel Quadrilatero. Nobili e moderati milanesi chiedono l'intervento di Carlo Alberto per evitare che la rivolta assuma un significato repubblicano-democratico-popolare.

1848, guerra all'Austria
È la Prima guerra d'indipendenza. Il 23 marzo Carlo Alberto dichiara guerra all'Austria, lancia un proclama alle popolazioni lombardo venete. Vuole portare agli insorti l'aiuto che «l'amico si aspetta dall'amico, il fratello dal fratello». Alle potenze europee comunica d'essere entrato in guerra per impedire che in Lombardia si formasse una repubblica democratica, minacciosa per l'assetto politico-sociale di tutta la penisola.

1848, la "guerra federata"
Alla decisione di Carlo Alberto si associano, loro malgrado ma premuti dai liberali, Leopoldo II di Toscana, Pio IX e Ferdinando II di Napoli. Primi modesti successi iniziali. A fine aprile Pio IX si defila («Io sono il capo della cristianità che deve abbracciare tutti i popoli»). A luglio Carlo Alberto è sconfitto a Custoza, il 6 agosto gli austriaci rientrano in Milano, il 9 il generale Salasco firma l'armistizio: i sardo piemontesi ritornano al di là del Ticino.

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Paola Molino