L'ex-asilo: ma di chi è la proprietà?

Anche l'ex-asilo, annesso alla chiesa con l'ingresso che si affaccia sulla proprietà della parrocchia (ora sotto i "ferri"), richiede interventi urgentissimi, con il tetto che sta crollando, i palchetti da rifare, gli impianti elettrici da mettere a norma. Su questo edificio sono però numerose le riserve anche del vescovo: «È da recuperare assolutamente, ma non entro nel merito se non nella misura in cui il parroco è presidente dell'ente che lo gestisce ed è un fabbricato attaccato alla chiesa; ma si tratta di un ex-Ipab e la proprietà è legata al Comune».

Della questione abbiamo parlato con l'assessore ai Lavori pubblici Eugenio Buttiero: «Questo edificio risale al 1854 e fu costruito come asilo infantile, quando all'epoca Abbadia era ancora sotto il Regno di Sardegna». Fu gestito dalle suore fino al 1981; negli anni seguenti, la struttura è diventata un luogo di ritrovo (l'unico) per tutta la comunità abbadiese, nonché sede dei corsi di catechismo per i bambini e delle attività oratoriane. Un edificio di tutti e di nessuno: la struttura non è della parrocchia, ma non è neppure del Comune di Pinerolo. Buttiero: «L'Ipab non esiste più. Bisogna iniziare una procedura affinché questo edificio possa passare ad un nuovo ente privato. Per farlo, occorre seguire una legge regionale del 1991 che dice come costituire un ente operante, con personalità giuridica, e che persegua finalità socio-educative per l'età scolare. Questa nuova società andrebbe a costituire un Consiglio di amministrazione che porterebbe dietro di sé il patrimonio, con l'approvazione di uno statuto. Fatto questo, la Regione provvederebbe alla variazione catastale». Questo per dire, in breve, che il Comune di Pinerolo non intende accollarsi l'edificio? Buttiero: «Il Comune diventerebbe proprietario solo se i soci del vecchio Ipab esprimessero la richiesta. Cosa poco probabile, perché si sono perse le tracce di molte famiglie che formarono il gruppo per l'Istituto di pubblica assistenza beneficenza firmato dal re Vittorio Emanuele II e dal ministro Urbano Rattazzi!».

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Paola Molino