A Riva un monastero dimenticato in balia dei vandali

La certosa di Motta Grossa, proprietà del Sostentamento clero di Torino, un enorme complesso in degrado

Ha tutte le caratteristiche per diventare il set di un film di quelli infarciti di spiriti e fantasmi: un lungo viale buio che ti conduce di fronte ad un cancello in ferro battuto mezzo sbilenco, un ponte levatoio per oltrepassare un profondo fosso e raggiungere una porta sovrastata dalla scritta "convento di clausura"; oltre la porta seminascosto da alte mura un grande complesso di edifici dove nel mezzo svetta il campanile di una chiesa. A rendere il tutto particolarmente spettrale agli occhi del visitatore l'evidente stato di abbandono: finestre spalancate, persiane penzolanti, porte sfondate, muri fessurati dall'umidità scesa del tetto laddove la tramatura ha ceduto e rampicanti che s'infilano in ogni dove.

Il tutto non si trova in qualche luogo isolato della campagna inglese, ma a pochi passi dalla città, a Motta Grossa di Pinerolo, non distante dall'abitato di Riva e dall'area industriale della Porporata. Ci si arriva percorrendo strada Vecchia di Piscina, non distante dalla ferrovia. La strada di accesso è contraddistinta da un cartello, anche lui provato dal tempo, con su la scritta "Certosa". In effetti siamo di fronte a un monastero certosino abbandonato che ora appartiene all'Istituto diocesano per il sostentamento clero di Torino che lo ebbe in dono dall'Ordine certosino nella primavera del 1998. Da quel giorno pare che nessuno ci abbia più messo piede se non i vecchi fattori (ora proprietari dell'annessa cascina) che ancora usano i cortili come rimessa per le macchine agricole. Centinaia di metri quadri coperti su più piani tra chiesa, saloni, celle delle monache di clausura, cucine, lavanderie e tutto quanto serviva a far funzionare un luogo che, a partire dal 1903, ospitò le monache Certosine, espulse dalla Francia di Clemenceau. La parte storica, di cui apparentemente rimane poco, è molto anteriore: le prime notizie del sito risalgono al 1370.

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Romano Armando

Alberto Maranetto

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