Lupo. pubblicato il monitoraggio nazionale: 946 esemplari stimati sull'arco alpino

Lupo. pubblicato il monitoraggio nazionale: 946 esemplari stimati sull'arco alpino
Martedì 17 Maggio 2022 - 15:00

Sono stati resi noti questa mattina, martedì 17 maggio, i risultati del primo monitoraggio nazionale del lupo, condotto tra il 2020 e il 2021 seguendo linee guida condivise, che hanno permesso per la prima volta una raccolta dati omogenea e risultati confrontabili su tutto il territorio italiano.

Nel 2020-2021 i lupi stimati in tutta Italia sono 3.307 (tra 2.945 e 3.608) e sull'arco alpino sono 946, con un intervallo tra 822 e 1099. Di questi, 680 (intervallo di credibilità 602-774) nella parte centro occidentale e 266 (intervallo 204-343) appartengono alla sezione centro orientale. I lupi sono già presenti su un'area di 41.600 km quadrati (cioè il 37 per cento delle regioni alpine). In altri termini, si contano 102 branchi e 22 coppie nelle stesse regioni alpine, che comprendono zone di montagna, collina e pianura di Liguria, Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Province autonome di Trento e Bolzano, Veneto e Friuli Venezia Giulia per un totale di 124 unità riproduttive. La maggior parte (91 branchi/coppie) si trovano nella parte centro-occidentale che comprende il Piemonte. Negli ultimi tre anni, calcola Francesca Marucco dell'Università di Torino, «La popolazione del lupo è raddoppiata sia nel numero delle unità riproduttive documentate (da 51 del monitoraggio 2017-2018 a 103 del 2020-2021) che nella distribuzione minima».

Per la popolazione di lupi delle regioni alpine le attività di monitoraggio, di analisi e di elaborazione dei dati sono state coordinate dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino-Dipartimento di Scienze della vita e biologia dei sistemi, nell’ambito del progetto LIFE WolfAlps EU (coordinato dall’Ente di gestione delle Aree protette Alpi Marittime) in sinergia con l'ISPRA, responsabile del coordinamento su scala nazionale. «La stima è stata ottenuta applicando modelli statistici innovativi, messi a punto da un team internazionale di tre univesità: Norwegian University of Life Sciences, Università di Torino e Università di Chester», spiegano i responsabili.

Per calcolare questi numeri tra ottobre 2020 e aprile 2021 1.513 operatori di 160 enti e associazioni, formati per il monitoraggio, hanno percorso un totale di 40.725 km. Sono stati raccolti 10.672 segni di presenza del lupo di cui 5.636 escrementi e 3.226 tra video e foto. 71 i lupi morti recuperati.

I PRIMI COMMENTI

Per la Regione Piemonte il vice presidente Carosso afferma che il monitoraggio è il frutto di un lavoro rilevante e pregevole dal punto di vista scientifico per il quale è doveroso ringraziare la professoressa Francesca Marucco, responsabile del progetto, i suoi collaboratori e i 73 enti ed istituzioni del territorio che hanno partecipato alla raccolta dei dati. Ma segnala che «I numeri sono insostenibili e richiamano la necessità di un tempestivo intervento del Ministero della Transizione Ecologica attraverso la Conferenza Stato-Regioni». Il vice presidente e assessore alla Montagna ribadisce poi che «si deve avere rispetto per il lavoro degli allevatori e per coloro che vivono nelle zone alpine che da mesi denunciano le predazioni». Aggiunge Carosso: «Non si tratta più di un fenomeno isolato per il quale sono sufficienti azioni di contenimento e di dissuasione da parte delle singole Regioni ma di un fenomeno che richiede l’approvazione in tempi rapidi del “Piano lupo" da parte del Ministero ed una strategia condivisa ed efficace per il controllo di lupi ed ibridi, anche con azioni mirate per regioni come le nostre dove i dati dimostrano che sono presenti i 2/3 dei lupi censiti nell’Arco Alpino».

Tra le associazioni coinvolte, Wwf ha commentato: «I numeri sono in crescita, come gli esperti si aspettavano, ma le minacce per la sua conservazione restano attuali. Bracconaggio e mortalità accidentale continuano a uccidere centinaia di lupi ogni anno, e l’ibridazione con il cane mette a repentaglio l’integrità genetica della specie. Per questo occorre continuare a lavorare per favorire la coesistenza del lupo con le attività umane, la zootecnia in primis. Il conflitto con gli allevatori, seppure nel complesso inferiore rispetto a quelli causato da molte altre specie (in particolare da parte dei cinghiali, specie che proprio il lupo aiuta a contenere), può localmente avere un impatto elevato per molti allevatori, anche se molte aree le azioni di prevenzione dei danni (recinzioni fisse e mobili, cani da guardiania, pascolo sorvegliato) hanno permesso di attenuare i danni. Importante sottolineare come il livello di conflitto con le attività umane non dipende dal numero di lupi presenti su un territorio, ma dalla corretta applicazione e diffusione delle tecniche di prevenzione più adatte ai singoli contesti e alle singole aziende agricole. Questo è confermato anche dalla letteratura scientifica, che dimostra come gli abbattimenti non servano a ridurre i danni».
 

Luca Prot
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