Omicidio dell'Aquila: nel processo d'appello tutti i "non ricordo" dei biker

Omicidio dell'Aquila: nel processo d'appello tutti i "non ricordo" dei biker
Giovedì 15 Aprile 2021 - 17:19

«Mi stupisce l'assoluta mancanza di rispetto per la morte del suo amico Alessandro Gino». Il giudice Luca Ferrero stamattina ha detto proprio così: assoluta mancanza di rispetto. Non c'è nulla di peggio, tanto più quando si parla di un Club, i motociclisti degli Hells Angels, che fa dell'onore e della lealtà nei confronti del gruppo un punto di forza. Alcuni di questi "Angeli" nostrani sono stati (ri-)chiamati a testimoniare nel processo d'appello a carico del 25enne Manuel Morisciano, accusato dell'omicidio di Gino e del ferimento di un altro biker (Pierluigi Ozzello). Storia davvero brutta, per cui i due coimputati (Eric e il padre Claudio Romano) sono già stati condannati in via definitiva. Ora, davanti ai giudici della prima sezione della Corte d'assise d'Appello c'è il solo Manuel, assolto in primo grado. E sono tornati a sfilare i biker, che dovrebbero portare elementi in grado di chiarire come si svolsero i fatti sul piazzale dell'Aquila di Giaveno, quel tragico 12 gennaio 2017. Dovrebbero aiutare giudici e avvocati a fare chiarezza su una vicenda piena di lati oscuri. Invece niente: nessun contributo.

Oggi si è conclusa l'istruttoria dibattimentale con l'esame degli ultimi cinque biker chiamati a deporre. All'Alpe Colombino (dove avevano la loro sede) c'erano tutti, ma nessuno ricorda. Come già quasi tutti quelli che li hanno preceduti nelle scorse udienze. Di nuovo si replica quanto era avvenuto in primo grado: una sfilza di "non ricordo", "ho voluto rimuovere", "ero sotto choc". «Non ho visto auto, non ho visto persone: mi ero buttato a terra per la paura»: ha dichiarato il primo teste. Ma nei verbali dei carabinieri (redatti poche ore dopo i fatti) c'è scritto ben altro: tutto dettagliato e preciso. «Forse ho detto quel che altri mi avevano raccontato, ma io non ho visto». E se pure l'hanno visto, nessuno ricorda. Per tutti solo un buco nero, un vuoto cognitivo, un totale black out, «una giornata che mi è sparita dalla memoria», lasciando al limite un solo fotogramma: «Gino agonizzante per terra, in mezzo alla neve sporca di sangue, e uno che teneva l'ombrello aperto per ripararlo». Prima e dopo, nulla. Quelle di oggi sono state tre ore di udienza a dir poco imbarazzanti. Sicuramente irrispettose per chi lassù ha perso la vita e per chi oggi rischia di passarla in carcere. «Non dia risposte di comodo», ha ammonito a più riprese il presidente Franco Greco che per congedare due dei cinque ha addirittura solo usato un gesto: assai esplicito. "Se ne vada". Nè buongiorno, nè buonasera.

Alla fine è toccato a Morisciano che ha scelto di rilasciare spontanee dichiarazioni. Pochi minuti per ribadire: «Non sapevo che Eric avesse con sé una pistola, sono tornato all'Aquila perché con noi c'era il padre Claudio, sennò non l'avrei fatto, Eric ha estratto la pistola e sparato in aria (un colpo, di rimbalzo, ha colpito Gino, ndr) solo dopo che uno dei biker l'aveva aggredito con una spranga; io ho urlato di andarcene e sono scappato con la Mini perché mi sono trovato accerchiato, sentivo colpi sulle portiere e sulla capote. Sono scappato lasciando i Romano sul piazzale, ma non ho colpito nessuno volontariamente, né frontalmente. Sono tornato a casa di Eric e ho lasciato l'auto: ero molto arrabbiato con lui e volevo solo tornare a casa. Qui ho raccontato tutto a mio padre. Nella notte sono stato arrestato. In carcere ho imparato a fare il pasticcere, passione che continuo nel panificio di famiglia. Sono molto dispiaciuto per tutti i dispiaceri che ho dato ai miei e per tutto quanto accaduto. Grazi eper avermi ascoltato». Poche frasi, appoggiate ad appunti scritti a mano e pronunciate con voce che stentava restare ferma. Così come le sue mani. Lui, a differenza dei biker, ricorda. Eccome se ricorda. E lo fa con parole che hanno sapore di verità e pentimento. A maggio toccherà alle discussioni: il 6 del pg Valerio Longi e delle parti civili. Il 10 sarà la volta dei difensori, Andrea Cianci e Giampaolo Zancan. A giugno la sentenza.

In foto, l'ingresso della sede del Club, chiusa a luglio 2017.

Lucia Sorbino
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