Bando alle proteste, è l'ora dei fatti

Favorire la crescita

Il Governo ha approvato il Documento di programmazione economica e finanziario con le proiezioni sullo sviluppo dell'Italia nei prossimi anni, che sono anche gli obiettivi posti all'attenzione del Parlamento e del Paese. Il Pil, prodotto interno lordo, è visto in regresso nel 2012, -1,2 per cento, in lieve aumento nel 2013, +0,5 per cento e nel 2014 +1. L'esperienza del passato ha insegnato che un progresso dell'1 per cento non consente di aumentare l'occupazione. Questo è ancora più vero adesso per almeno due motivi. L'Italia ha bisogno di aumentare la sua produttività, abbastanza stagnante da un po' di anni; ciò significa investimenti in tecnologie e in organizzazione che normalmente riducono il numero degli addetti. Il secondo motivo deriva dalle decisioni politiche recentemente adottate che prolungano la vita lavorativa; ne consegue che si registrerà una minore disponibilità di posti a causa dei mancati pensionamenti. Queste previsioni non sono tali da assicurare un miglioramento dell'occupazione.
Per favorire la crescita occorre mettere a disposizione dell'industria i mezzi per investire. Per questo il Governo prevede ora di favorire la cessione dei crediti che le aziende vantano verso lo Stato e gli enti pubblici. Ma la cessione dei crediti ha un costo, che viene stabilito dalle banche finanziatrici sulla base della solvibilità delle imprese. Esiste inoltre il rischio che le banche anziché finanziare lo sviluppo si trattengano il controvalore dei crediti ceduti per ridurre l'esposizione verso il debitore con la conseguenza che, in questo caso, non si avrebbe alcun effetto positivo. Perché questa manovra? Il debito commerciale della Pubblica amministrazione non è valutato nel "debito pubblico", quindi non è compreso in quel rapporto tra debito e Pil (nel 2012 pari al 123,4 per cento) normalmente utilizzato per le valutazioni internazionali.
Sulla base di una stima recente, questo debito ammonterebbe a 60mila miliardi, circa il 4 per cento del Pil. Il fatto è noto e non nuocerebbe alla reputazione dell'Italia, se lo Stato facesse un'operazione chiarezza, emettendo Buoni del tesoro ad hoc, negoziabili, per finanziare i ritardatissimi pagamenti degli enti pubblici, riconducendoli ai limiti stabiliti dall'Unione europea, pari a 60 giorni. Forse si potrebbero evitare dei fallimenti, che spesso significano la completa perdita dei posti di lavoro e l'impossibilità di recuperare un'attività produttiva quando la situazione economica migliora. Qualche piccola industria avrebbe l'opportunità di fare investimenti per aumentare la propria competitività introducendo così un primo fattore di crescita.
Il ministro dell'Interno sig.ra Cancellieri ha formulato un programma di riorganizzazione di Prefetture, Questure ed altri organi periferici dello Stato, con possibili notevoli risparmi, suscitando immediate proteste degli interessati come avvenuto per il ridimensionamento delle Province. I tagli sono sempre da realizzare altrove. Si parla inoltre di riduzioni per circa quattro miliardi entro l'estate e di importanti recuperi di entrate per la lotta all'evasione. Se si pensa che in Italia, secondo una valutazione dell'Istat, esistono circa 1.500.000 di pensionati con meno di 500 euro al mese, privi di altri redditi, le riduzioni della spesa pubblica di qualsiasi natura, piccole o grandi, si debbono fare tutte per ridare fiato a consumi e occupazione.
Aumentare le pensioni minime di 50 euro al mese costerebbe circa un miliardo all'anno. Cinquanta euro sono poca cosa, ma per queste persone quella cifra serve per comprare il pane, la pasta e il latte per tutto il mese. E questi tre elementi sono fondamentali nell'alimentazione di chi non può permettersi molto altro, specialmente quando si registrano aumenti nei generi e nei servizi di prima necessità che oscillano tra il 4,5 ed il 10 per cento. Bando alle proteste, è ora di passare ai fatti.�

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Paola Molino