La crisi delle tv locali in Piemonte

È esplosa la crisi delle tv locali piemontesi: dapprima il sindacato dei giornalisti (la "Subalpina") ha parlato di difficoltà a Telesubalpina (la storica emittente della Diocesi di Torino, ora gestita dai Paolini), Telestudio, Videogruppo; ora il Corecom (l'ente regionale sulla comunicazione) esprime il timore che metà delle emittenti piemontesi possano chiudere entro l'anno, con 400 posti a rischio.
La "bomba" della crisi è stata innescata dalla legge Gasparri sul digitale terrestre, perché ha favorito Mediaset e Rai, ha costretto le tv locali a grandi investimenti, mentre non è migliorata la ricezione dei canali ed è crollata la pubblicità (non solo per la crisi economica).
Alcune tv, con tre-quattro giornalisti, hanno tentato una concorrenza impossibile con il tg regionale della Rai (50 giornalisti, tra redattori e operatori di ripresa), altre sono cadute vittime di palinsesti sconclusionati, altre ancora si sono affidate ad una mutevole lottizzazione politica.
L'alternativa alla crisi non è facile. Alcune tv dovrebbero allearsi a livello regionale per fornire programmi corposi e pluralisti, altre potrebbero divenire redazioni regionali di catene nazionali o interregionali (è il caso dell'emittente dei Paolini, editori della prestigiosa "Famiglia cristiana"); ma il Governo e il Parlamento dovrebbero correggere le storture della Gasparri, con un riparto pubblicitario non limitato al duopolio Mediaset-Rai; in questo ambito, la gara per l'assegnazione delle frequenze tv, annunciata dal ministro Passera "non" a costo zero, potrebbe garantire un fondo di risarcimento alle tv locali, nel rispetto dell'art. 21 della Costituzione sul pluralismo dell'informazione. Anche la Regione potrebbe favorire investimenti per le nuove tecnologie, non limitandosi a finanziare iniziative discutibili (pensiamo ai fondi "sprecati" dalle Giunte Ghigo e Bresso con il Grinzane Cavour del prof. Soria).
Se le tv locali piangono, una buona notizia giunge finalmente per la carta stampata: il Governo ha comunicato alla Federazione nazionale della stampa italiana di aver costituito un fondo di 120 milioni per l'editoria per il 2012. Ma sarebbe un errore pensare alla carta stampata solo nell'ottica di Roma e Milano, ovvero delle testate politico-economiche, mentre il Paese si regge su una complessa articolazione di Municipi, campanili, associazioni… "Cresci Italia", lo slogan del prof. Monti, deve valere anche per l'informazione, piccola e grande, dopo un ventennio berlusconiano incentrato sul rapporto (per alcuni incestuoso) tra Mediaset e Rai.
La stagione delle riforme non può ignorare l'informazione, nervo scoperto della vita democratica.

Mario Berardi
(past president Ordine giornalisti Torino)�

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