Il fiore reciso della democrazia

«Entrate in massa nei partiti» è l'invito che il segretario del Pd, di Pinerolo, Luigi Pinchiaroglio, rivolge ai cittadini di Pinerolo. «Non abbandonatevi a pericolose scorciatoie qualunquiste», raccomanda.
Parole che potremmo sottoscrivere all'istante. Pinchiaroglio però ha l'età per ricordare che, proprio la sua area politica, dallo scioglimento del Pci a oggi ha più volte lanciato questo stesso appello. E altrettante volte ha poi tradito le attese di chi vi aveva aderito. Così, ancor prima degli scandali per corruzione, fu questo comportamento a generare frustrazione e distacco dalla politica.
Fatta questa doverosa puntualizzazione, il problema resta. Nel Pinerolese, come nel resto dell'Italia, c'è bisogno di riportare le persone alla politica e soprattutto di fare politica. Lo spettacolo che sta dando il Pdl in Piemonte in questi giorni (con una guerra congressuale tra fazioni opposte a suon di tessere e senza una minima traccia di contenuti) o la vicenda dei fondi del post-olimpico messi in pericolo per diatribe interne a Pdl e Italia dei valori, ci danno poche speranze che dai partiti ci si possa aspettare molto nel senso auspicato.
Eppure serve qualcosa che vada oltre a queste dinamiche e alla semplice amministrazione della cosa pubblica, anche in ambito locale. Perché non possiamo ora pensare che uomini e donne nei nostri Comuni si appassionino alla discussione sull'ammontare dell'aliquota da applicare all'Imu, o si entusiasmino all'idea di salvare i servizi dei cittadini di Pinerolo mettendo un semaforo che faccia multe a raffica. O accettare che i tagli ai costi della politica vengano applicati in primo luogo da chi opera per pochi soldi negli enti locali. Si tratterebbe piuttosto di progettare in modo democratico e partecipato il futuro del territorio in base alle esigenze, alle aspirazioni e ai bisogni di chi ci abita.
Ma come?
La discussione a questo punto si complica. In questi anni la direzione intrapresa in Occidente è stata quella della democrazia rappresentativa: decidono per me i rappresentanti che ho eletto nelle istituzioni. Questo ha favorito il formarsi di una casta che gradualmente si è allontanata dai cittadini per arroccarsi sempre di più in difesa dei propri privilegi. Ed ecco la nascita dei movimenti che tentano di scavalcare i partiti per puntare alla democrazia partecipata o meglio ancora diretta (il caso dei referendari o della democrazia via Internet di Grillo), che però spesso danno l'impressione di non sapere come poi concretizzare le istanze giuste di cui sono portatori e altrettanto spesso si lasciano attrarre dalla deriva populista. Il pericolo poi è che le decisioni siano solo quelle di chi partecipa ai movimenti e nemmeno questo è auspicabile.
A Napoli, con il sindaco De Magistris, si sta tentando di mettere su un laboratorio di democrazia partecipata dal basso: attraverso delle Consulte, le istanze dei cittadini vengono portate all'attenzione dei Consigli comunali e della Giunta. A Pinerolo il sindaco di centrosinistra Eugenio Buttiero sceglie una strada del tutto opposta: convoca una Conferenza per lo sviluppo del Pinerolese dove sono invitati a dare suggerimenti e progettare soprattutto le istituzioni, le forze imprenditoriali, le banche, lasciando ai margini non solo i movimenti, ma anche i partiti. Parte dall'alto quindi e si assume (con grande rischio di fallire) l'onere della rappresentanza. Bisognerebbe forse pensare a una via di mezzo tra queste due strade.
Ma ancor prima di trovare la giusta forma di accesso alla politica penso occorrerebbe rigenerare il fiore reciso della democrazia: la speranza. Perché, se la democrazia affonda le radici nella libertà e nell'uguaglianza, i semi che le permettono di diffondersi cadono dal fiore della speranza: la speranza di poter cambiare le cose e di migliorare la propria condizione (vedi la primavera araba putroppo già mortificata). In tempo di liberalismo spinto, in concomitanza della recessione, questa speranza invece viene a morire proprio in quella parte del mondo, la nostra, dove il welfare e le lotte civili più si erano sviluppati.
Per risvegliare gli animi dal torpore occorre convincere le persone che il loro impegno nel locale sia incastonato in un grande progetto di cambiamento e di rinnovamento che ripensi ad esempio il concetto di sviluppo (cosa di cui si discute molto nel cosiddetto ceto medio riflessivo). Oggi siamo tutti davanti a un bivio: accontentarci del semplice (e al momento obbligato) restyling di un sistema logoro ad opera di un Governo tecnico restando alla finestra o immaginare qualcosa di nuovo e partecipare alla sua costruzione, tutti noi anche sul territorio. Ma quale partito o area politica oggi è in grado di offrirci la possibilità di optare per la seconda alternativa?

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Paola Molino