Se non si pensa alla crescita non si uscirà dal tunnel

Il decreto legge "Salva Italia" è stato approvato dal Parlamento, con qualche piccola modifica rispetto al testo originario e soprattutto con tanti distinguo da parte delle forze politiche. Probabilmente non ci sono altre soluzioni possibili, tenuto conto dell'urgenza di dare un segnale anche a livello europeo circa la reale volontà dell'Italia di uscire dall'emergenza.
Esaminando però il provvedimento si rileva che esso è sostanzialmente concentrato su un forte aumento della pressione fiscale: l'Imu con il ritorno dell'imposta sulla prima casa, la rivalutazione delle rendite catastali, l'aumento dell'addizionale regionale dell'Irpef, l'aumento delle imposte sui carburanti, l'imposta di bollo sulle attività finanziarie, le tasse sul lusso ed altre ancora,  senza contare la possibilità di un incremento dell'Iva a partire dal mese di ottobre 2012. Si stima che questo   pacchetto valga, per il 2012, oltre 25 miliardi di euro. 
La manovra si occupa anche di ridurre le spese per un ammontare stimato, sempre per il 2012, di quasi sette miliardi di euro. Purtroppo queste riduzioni si concentrano in massima parte sulla riforma previdenziale e soprattutto sulla riduzione a zero dell'indicizzazione delle pensioni superiori ai 1.400 euro mensili, non proprio delle pensioni d'oro. Se si può comprendere la necessità di ridiscutere l’età del pensionamento, tenuto conto dell’allungamento delle speranze di vita e delle regole esistenti negli altri Paesi europei, è però difficile capire  il blocco dell’aggiornamento delle pensioni. Pochi sforzi sono stati fatti, almeno per ora, al fine di ridurre le spese dello Stato e degli altri enti pubblici.
Anzi, questi provvedimenti con gli aumenti delle imposte, aggiunti al fatto che, ancora una volta, sono stati dimenticati i titolari delle pensioni minime, produrranno una ulteriore riduzione dei consumi interni. Avranno quindi un effetto depressivo sull’economia, mentre si profila un nuovo periodo di recessione in Europa ed in Italia.
È vero che, come terzo elemento, il pacchetto prevede le misure per la crescita: riduzione dell'Irap e sgravi Ires per le imprese, proroga degli sconti fiscali per il risparmio energetico, eccetera, ma si tratta di ben poche cose che non produrranno risultati immediati. Anche ammesso che si possa realizzare una maggiore produzione, ne potrà beneficiare l’esportazione, ma c’è da chiedersi a chi la venderanno, in Italia, se le persone avranno minore potere di acquisto. In effetti la variazione dell’indice Istat del costo della vita evidenzia un incremento del 3,7 per cento, rispetto all’anno precedente, ma i prezzi di alcuni generi alimentari, e delle abitazioni, che sono i più importanti per le famiglie a reddito medio basso, sono aumentati di oltre il 5 per cento.
Forse queste misure sono indispensabili per mettere in sicurezza i conti dello Stato, per riacquistare fiducia ed autorevolezza a livello europeo e per contribuire  al salvataggio dell’euro, ma se non si adottano provvedimenti per una rapida crescita non si potrà uscire dal tunnel. Se non è possibile in questo momento dare maggiori mezzi finanziari ai consumatori interni per vincoli di bilancio, allora è necessario agire in altri settori per creare lavoro.
Per aumentare i consumi, o si aumentano i salari, riducendo il carico fiscale, o si incrementa il numero degli occupati in modo che più persone siano in grado di spendere. Nuovi posti di lavoro si creano anche dando il via ai tanti lavori pubblici o ai numerosi investimenti privati che, a causa dell'eccessivo numero dei livelli decisionali, sono in attesa delle necessarie autorizzazioni, in qualche caso anche da anni.
Il Governo Monti se vuole incidere rapidamente sull'andamento dell'economia, oltre ai provvedimenti strutturali, pur necessari, ha un'ampia gamma di interventi possibili. Più presto lo fa, meglio è.�

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Paola Molino