Sacrifici da un Governo che non ricerca il consenso

Dovremmo definirlo "Governo del Presidente". Quando il Presidente della Repubblica ha nominato Mario Monti "senatore a vita" è stato evidente che Napolitano stava per incaricare il professore di formare un Governo destinato a segnare una profonda discontinuità nella politica nazionale. Per l’on. Berlusconi le dimissioni sono diventate inevitabili. Un ciclo della vita politica stava per concludersi, anche se non si era ancora delineata una vera alternativa al regime berlusconiano. L’Italia non poteva affogare nella crisi senza neppure tentare di riconquistare la credibilità perduta, e questo compito è stato assegnato a Monti: porre rimedio ai guasti del populismo, resistere all’attacco della speculazione finanziaria, rimettere in ordine i conti dello Stato.
Il Governo Monti è nato sulla maggioranza parlamentare più vasta, ma anche più fragile, della storia repubblicana. All’opposizione resta la Lega, preoccupata soprattutto di fare dimenticare ai padani la lunga alleanza con Berlusconi.
Per descrivere la convergenza di due opposti schieramenti politici a sostegno di un Governo di cui non sono parte, potremmo parlare di "divergenze parallele"… Monti preferisce parlare di impegno nazionale, e fa appello alla coesione sociale. La Seconda Repubblica, nata all’insegna di un bipolarismo che doveva mettere fuori gioco il centro e costringere gli elettori a scegliere tra destra e sinistra, finisce costringendo la destra e la sinistra a votare la fiducia ad un Governo che non è di sinistra e neppure di destra. Questa crisi ha a che fare con il convegno di Todi, con il delinearsi di una nuova presenza dei cattolici nella vita sociale del Paese? In realtà le scelte che Monti dovrà compiere per evitare il default dell’euro sono scelte obbligate. Solo un Governo che non ricerca il consenso degli elettori può decidere pesanti sacrifici. Monti sa bene che, finita la luna di miele, potrebbe essere sfiduciato per ragioni elettorali che riguardano la destra o la sinistra. Ma in quel caso il Parlamento prima di staccare la spina dovrà riflettere su cosa potrebbero pensare gli elettori.
Con Monti l’Italia è tornata al vertice dell’Unione europea, ma non si può dire che la strada sia in discesa. L’Europa sta attraversando una crisi profonda e Monti deve lottare contro un riflusso nazionalistico che riguarda anche la Germania di Angela Merkel, che non è più il pilastro dell’Unione europea.
Monti guida un Governo di emergenza che deve rilanciare la crescita per mettere sotto controllo il debito pubblico; ma questo è anche un Governo pre-elettorale, poiché se tutto va bene voteremo nel 2013. Gli opposti schieramenti, che fanno parte di un’unica maggioranza… non politica, sono già in campagna elettorale. Siamo costretti a chiederci: come si combineranno, nel momento in cui il Parlamento dovrà votare provvedimenti imposti dalla necessità di difendere il risparmio ma anche l’occupazione, il senso di responsabilità imposto dall’emergenza nazionale con il clima di scontro tra i partiti imposto della campagna elettorale?
Berlusconi resta in campo e continua a puntare su elezioni anticipate, mentre sul versante dell’opposizione di centrosinistra, della coalizione cui i sondaggi assegnano la maggioranza dei consensi, saranno le riforme a mettere alla prova l’alleanza di Bersani con Vendola, ed ancor più quella del Partito democratico con il Terzo polo. Alleanze difficili ma necessarie per un'alternativa riformista al blocco conservatore. Tra le questioni che metteranno alla prova il Governo non c’è la riforma della legge elettorale. Eppure l’avvenire della democrazia dipende da questa riforma. Il bipolarismo è fallito, insieme al "porcellum". Ma per ora nessuna riforma elettorale sembra raccogliere la necessaria maggioranza dei voti. Questo è un nodo politico che non può essere sciolto dai soli tecnici.�

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Paola Molino