«Liberalizzate gli altri, non noi»

Le "caste" private

Da dieci anni - da destra e sinistra - una parola molto in voga è "liberalizzazione". In altre parole si tratta di togliere, o almeno ridurre, lacci e lacciuoli che impediscono lo svolgimento di attività professionali. Tutti d'accordo? Sì, purché riguardi… le altre categorie. Insomma, i piccoli o grandi privilegi delle "caste private" (non c'è soltanto la casta dei politici) si tenta di conservarli ad ogni costo. Così come molti ordini professionali che, diciamolo francamente, non garantiscono nulla. È il caso di un ordine dei commercialisti che per anni ha conservato tra i suoi iscritti un professionista pinerolese che aveva truffato, rubato ed era finito in carcere. Ma ci sono voluti anni prima che quel nominativo venisse depennato. Un po' quel che, più recentemente è accaduto con altri professionisti implicati nella vicenda dell'ex-procuratore della Repubblica, Marabotto. In definitiva gli ordini non si toccano (compreso quello dei giornalisti, caso più unico che raro a livello mondiale).
Notai e farmacisti continuiamo a contarli sulla dita di una mano mentre gli utenti protestano e tutti difendono il loro orticello.
Siamo in Europa, ma non vogliamo accogliere l'invito europeo che ribadisce: «Per accrescere il potenziale dell'economia occorre una piena liberalizzazione dei servizi professionali». Insomma, commercianti e professionisti tirano il freno a mano. Come quel commerciante di Pinerolo - molti lo conoscono e si sa anche che è pieno di debiti con i fornitori - che si oppone da tre anni a pagare una pubblicità su "L'Eco" perché periodicamente ospitiamo una pubblicità di una ditta concorrente.
C'è qualcuno che vorrebbe il libero mercato, ma a condizione di essere uno dei pochi, o l'unico, sul mercato. Davvero un controsenso.

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Paola Molino