Profughi: la vita difficile di 200 extracomunitari ospitati a Pracatinat, Frossasco e in Val Pellice

Loro, i quaranta profughi fuggiti dalla guerra in Libia presenti al Residence di Frossasco si sentono prigionieri. Prigionieri del nulla, costretti a non far nulla: non possono lavorare, non riescono a fare volontariato perché per farlo qualcuno dovrebbe assicurarli. E loro, lavoratori abituati a lavorare anche 16 ore al giorno, patiscono questo stato di inattività. Parrocchia di Frossasco, Caritas diocesana, Comune, sindacati e associazioni di volontariato impegnati nell'accoglienza di questi quaranta giovani, stanno lavorando proprio nella direzione di trovare una via di uscita; un qualcosa che ridia loro quella completezza umana fatta anche di lavoro, di responsabilità e impegno. «Al momento - spiega don Virgilio Gelato, direttore della Caritas diocesana - le uniche possibilità sembrano essere i progetti formativi che prevedono un tirocinio. Nei prossimi giorni, tutti i soggetti coinvolti si incontreranno per tentare di attivare il progetto». Aiutarli concretamente, cercando di offrire ciò che può essere loro più utile, non è facile in questo momento in cui il loro destino è ancora tutto da risolvere: al momento, infatti, hanno solamente un permesso di soggiorno provvisorio che a dicembre scadrà. Occorrerà attendere il responso della Commissione circa il riconoscimento o meno della condizione di rifugiato politico. (approfondimenti nell'edizione in edicola)

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Paola Molino