Musulmani e cristiani uniti per la pace

La parola del vescovo

In Libia la guerra continua ormai da circa quattro mesi. Laggiù la gente muore sotto i bombardamenti aerei della Nato e negli scontri tra insorti e truppe fedeli a Gheddafi. I drammi dei migranti e dei profughi non si contano più.
Come sempre si parla di bombe di “precisione”, addirittura “intelligenti”. Si sente ripetere: «Le nostre bombe colpiscono solo obiettivi militari». Invece quanto è avvenuto pochi giorni fa, smentisce categoricamente questa affermazione. Sono tante le voci che si uniscono a quella dell’Unione africana per chiedere il cessate il fuoco, l’accesso agli aiuti internazionali e l’instaurazione di un periodo di transizione che porti ad elezioni democratiche.
Purtroppo, col passare del tempo, i media ci abituano e ci rendono spettatori indifferenti verso questa crudele realtà, la guerra. Ma questo non è possibile.
Come cristiani non dobbiamo avere ambiguità: la guerra è sempre “sconfitta della ragione e dell’umanità” (sono parole di Giovanni Paolo II).
È necessario all’interno delle nostre comunità educare al valore della pace, attivare percorsi di riflessione che aiutino a capire perché la guerra è un “abisso di male” e solo la via della “ragione”, del negoziato e della “cooperazione” possono dare frutti duraturi. Anche in un nostro recente Consiglio pastorale diocesano si è votata una mozione in cui si afferma la necessità di proporre dei momenti di riflessione e di preghiera, come pure itinerari di educazione alla pace all’interno delle nostre parrocchie, per favorire una lettura della situazione mondiale alla luce del Vangelo, secondo la scansione ormai tradizionale del vedere, giudicare ed agire. Sempre più forte deve essere la voce dei credenti che invocano la pace e operano per la pace. Musulmani e cristiani devono parlare e agire insieme. … (approfondimenti nell'edizione in edicola)

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Paola Molino