Mai l'Italia è stata così divisa

Dopo le Amministrative ed i referendum, i sondaggi hanno registrato il netto sorpasso del Pd sul Pdl, e la maggior parte degli opinionisti si è convinta che Berlusconi ha ormai imboccato il viale del tramonto. E che con Berlusconi tramonterà anche il "bipolarismo all’italiana" su cui è stata costruita la Seconda Repubblica. Tuttavia la verifica di maggioranza, che il Presidente Napolitano ha considerato politicamente necessaria, si è conclusa senza un voto: Berlusconi ha perso il consenso degli elettori ma ha conservato la maggioranza dei parlamentari.
Così dalle ceneri del berlusconismo è nato un "Governo balneare" cui il premier ha affidato il compito di varare riforme che attendevano da anni e che dovrebbero impegnare il Parlamento fino al 2013. Ma quanto può durare un Governo che non ha più il consenso popolare e che si regge su una maggioranza parlamentare di cui una componente decisiva (la Lega) resta sulla sponda del fiume, in attesa che «il Governo passi dalle parole ai fatti»?
In questa situazione Berlusconi ha fondato il suo discorso su una riflessione simile a quella che, dopo il fallimento della "spallata" di dicembre, era stata sviluppata con toni critici da alcuni media da sempre schierati a sinistra: senza una vera alternativa, la destra sarebbe restata al governo anche se era ormai iniziato il suo declino. Berlusconi, infatti, si reggeva soprattutto sulla debolezza del Pd e sulle divisioni della opposizione. Questa è oggi la convinzione di Berlusconi, l’argomento che il Cavaliere ha posto al centro della sua strategia: la sinistra non ha un progetto, il Pd non ha un leader.
In realtà a questa critica hanno risposto, a maggio, le elezioni che hanno rafforzato il centrosinistra, e poi i referendum. Il Pd è convinto che «il vento ha cambiato direzione», e tuttavia la politica attende ancora una risposta davvero convincente. Le vicende delle ultime settimane hanno rafforzato la leadership di Bersani, ma l’intervento di Di Pietro nel corso del dibattito parlamentare è stato particolarmente aspro nei confronti del Pd. Ed anche "Europa", il quotidiano dei democratici, ha riconosciuto che «il difficile viene ora». Di Pietro è irritante, anche più di Vendola, quando pone il problema dei rapporti con il Pd. Tuttavia è vero che alcune scelte – che riguardano il programma e le alleanze - non possono essere rinviate. Ed è vero che su alcune questioni di grande importanza anche i democratici sono divisi: alcuni hanno proposto di sciogliere il nodo del sistema elettorale con un referendum che dovrebbe seppellire il "porcellum"; altri temono che, con il ritorno alla proporzionale, si farebbe un grande salto nel passato.
Entrambi gli schieramenti, centrodestra e centrosinistra, stanno attraversando una stagione di tensioni. Mai il paese è stato così diviso e la democrazia così debole. Mentre Pd e Pdl cercano di consolidare la loro vocazione maggioritaria, gli altri partiti rivendicano un ruolo di minoranza decisiva. Quasi in competizione con il Terzo polo, che in questa fase pare aperto ad un rapporto con il Pd. La contestazione della leadership di Bersani è evidente nelle dichiarazioni di Vendola, ma anche nella svolta moderata di Di Pietro. Ed è anche più evidente, sull’altro versante, negli ultimatum di Bossi e nel fatto che nel Popolo delle libertà è iniziato il dopo Berlusconi, e si è fatta esplicita la polemica contro Tremonti.
Sono queste tensioni a dimostrare la fragilità del bipolarismo all’italiana ed a mettere ai primi posti nell’agenda politica dell’autunno, dopo il tema della ripresa e della stabilità economica, la riforma elettorale.

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Paola Molino