Per favorire la ripresa al primo posto famiglie e pensionati

Chiusa la parentesi elettorale e referendaria restano tutti i problemi relativi alla ripresa economica del nostro Paese che tarda a manifestarsi. Qualche timido accenno di miglioramento si è registrato, ma il tasso di disoccupazione rimane sopra l’8 per cento, il numero delle ore di cassa integrazione è ancora elevato, anche se in riduzione, ed i giovani fanno sempre più fatica ad inserirsi nel mondo del lavoro.
Per ottenere un risultato positivo è necessario favorire lo sviluppo dell'industria italiana perché è questa ad aver subito le conseguenze più gravi della crisi internazionale iniziata nel 2008. La produzione industriale aumenta se crescono l’esportazione di beni ed i consumi delle famiglie. Il suggerimento è di ridurre il carico fiscale delle persone fisiche titolari di redditi più vicini alla soglia minima, e delle imprese per aumentarne la competitività.
Si oppone a questo disegno l’esigenza di mantenere sotto controllo il bilancio dello Stato italiano, che deve essere ricondotto al pareggio entro il 2014, cosa non facile visto che il bilancio 2010 ha registrato un deficit del 4,6 per cento. Tuttavia è giunto il momento di mostrare il coraggio necessario, indipendentemente dalla incerta situazione politica, per adottare provvedimenti in grado di dare dei risultati in tempi brevi.  
Nel 2008 il Governo Prodi intervenne a favore delle imprese con una riduzione di 5,5 punti percentuali dell'Ires, imposta a carico delle società di capitali e quindi prevalentemente delle aziende di grandi dimensioni, ed una diminuzione dello 0,35 per cento dell’Irap. Nessun intervento fu invece stabilito a favore delle società di persone ed a favore delle famiglie e dei pensionati titolari di pensioni minime. È giunto il momento di fare qualcosa per queste aziende che assicurano una parte importante dell'occupazione. Poiché esse non sono interessate dall'Ires occorre intervenire sull'Irap (Imposta regionale sulle attività produttive). Una riduzione dell'Irap per le imprese individuali e per le società di persone riduce il costo del lavoro e favorisce nuove assunzioni di personale. Bene ha fatto il governatore del Piemonte a promettere una diminuzione dell’imposta alle imprese che assumono a tempo indeterminato. La riduzione va generalizzata a livello nazionale e circoscritta come applicazione, anche per limitare l’impatto sul bilancio pubblico. Le società di capitali hanno già avuto.
I provvedimenti più importanti da adottare, sia ai fini di favorire la ripresa dei consumi, sia ai fini di alleviare il disagio delle persone, sono sicuramente da rivolgere alle famiglie ed ai pensionati.
Nel primo caso si tratta di ridurre il carico fiscale, ora al 23 per cento, sul primo scaglione dei redditi delle persone fisiche e di aumentare le detrazioni a favore dei contribuenti con famigliari a carico, e con redditi modesti. Per i pensionati non basta la riduzione delle aliquote, perché spesso non pagano già imposte, ma occorre aumentare le pensioni minime, ora al di sotto del limite di sopravvivenza. In entrambi i casi il denaro in più a disposizione di queste persone, sarebbe destinato a soddisfare bisogni primari e quindi si riverserebbe immediatamente sui consumi. Si innesta in tal modo un circuito virtuoso. La maggiore domanda di beni produce un incremento della produzione e conseguentemente una maggiore occupazione. Inoltre, anche sotto il profilo fiscale, il minore introito per lo Stato, dovuto alle imposte dirette, verrebbe parzialmente compensato da un maggiore incasso per l'Iva pagata dai consumatori sui maggiori acquisti.
Questi ultimi interventi sono di efficacia immediata e vanno quindi adottati rapidamente e compensati, per evitare conseguenze sul bilancio dello Stato, con risparmi di spese e misure fiscali alternative. La grande riforma del Fisco, certamente necessaria, si può realizzare anche per gradi; deve essere chiaro il punto di arrivo.

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Paola Molino