La rinascita è affidata al risveglio dei giovani

Per molti commentatori il voto amministrativo ha indicato uno sconfitto, ma non un vincitore. Sarebbe cresciuta la domanda di cambiamento, Berlusconi avrebbe perso il controllo della situazione, l’ondata populista si sarebbe esaurita ed il voto avrebbe rilanciato un’idea di "partito" alternativa all’idea berlusconiana della politica fondata sulla personalizzazione del potere. E tuttavia non sarebbe altrettanto chiaro se il voto per il governo delle città, rafforzato dalle Primarie, ha indicato una via anche per il governo del paese; se cioè il Pd di Bersani, che ha conquistato tutte le "città vetrina" e la maggior parte dei comuni con il sostegno di Vendola e di Di Pietro, sarebbe in grado di mettere in campo una coalizione vincente nelle elezioni nazionali che si svolgeranno con il "porcellum", se cioè saprà unire – attorno al Pd – la sinistra radicale ma anche i moderati di Casini. Infatti Bersani non ignora che il Terzo polo raccoglierà quasi il 14 per cento dei consensi nazionali, sarà cioè determinante in una sfida per Palazzo Chigi. 
In realtà non è la prima volta che si annuncia il declino di Berlusconi, e non sarebbe la prima volta che il Cavaliere rinasce dalle proprie ceneri. Tuttavia l’impressione è che questa volta si tratti davvero di un processo irreversibile: il declino elettorale del Pdl ha toccato Milano, la capitale dell’impero, ed ha coinvolto anche la Lega, da Novara alla Brianza al Veneto. Il vento starebbe cambiando direzione, ed è difficile che Bossi sia disposto a affondare insieme a Berlusconi. Non a caso sembra disposto a parlare di riforma elettorale. I sostenitori di Berlusconi osservano che questa sconfitta è dovuta soprattutto ad un forte astensionismo, cioè alla stanchezza degli elettori moderati. Ma se le cose stanno così, è sufficiente che Berlusconi scenda dal predellino ed indichi in Alfano il segretario del "partito", perché chi si è stancato torni a votare a destra?
Se guardiamo a sinistra, cioè al centrosinistra, notiamo che in alcuni ballottaggi particolarmente significativi (Milano, Napoli, Cagliari) il Pd ha vinto affidandosi a candidati vendoliani o dipietristi. Ma la battaglia decisiva è ancora da combattere, e non a caso anche i giornali che hanno sempre sostenuto il Pd ("L’Espresso") hanno scritto nel recentissimo passato che "non c’è alternativa" al berlusconismo, che la debolezza della sinistra è la vera forza della destra. In Italia come in Europa. Anch’io, dopo il primo turno di queste elezioni, ho scritto: una lunga stagione è al tramonto, ma quella nuova ancora non si è delineata. E tuttavia questa volta l’imprevisto indebolimento della Lega, in quasi tutta la Padania, e la rinascita dell'idea di "partito" che era stata travolta dal populismo, dicono che il clima politico sta cambiando sull’onda di una crisi sociale senza precedenti. Un'alternativa riformista è diventata possibile.
Questa rinascita della democrazia è affidata soprattutto al risveglio dei giovani, la parte della società più esposta alla crisi sociale ed economica, ed al recupero dei valori della politica su cui da qualche tempo insiste anche la Chiesa cattolica, preoccupata per l’aggravarsi del disagio sociale, per la caduta della moralità della vita pubblica, per la mancanza di una classe politica di ispirazione cristiana. Se questo risveglio della politica non sarà soffocato da vecchie bandiere che pretendono di interpretare il cambiamento con la testa rivolta al passato (non a caso Franceschini ha dichiarato: l’avvenire del Pd non è il partito unico della sinistra), se davvero si avvierà una riflessione su una globalizzazione che ci sfida sul tema della competitività ma anche su quello della solidarietà, se si comprenderà che la democrazia deve essere liberata dal peso delle corporazioni ma anche dai vincoli che soffocano il pluralismo ed impediscono il confronto tra gli opposti schieramenti parlamentari, qualcosa potrà cambiare. Forse anche a destra.

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Paola Molino