Il ruolo di Jacopo Bernardi

Anche il Pittavino, nella sua "Storia di Pinerolo e del Pinerolese", parla della Bela Rusin. Secondo lo storico, la mamma di Rosa era di None e si chiamava Francesca Griglio; essa aveva altri due figli maschi, Domenico e Giuseppe e una femmina, Adelaide.
La Bela Rusin viveva «col vecchio genitore al terzo piano di una casa dell'attuale via Duca degli Abruzzi, allora chiamata contrada Nuova. Il padre, vedovo, era un veterano degli eserciti napoleonici e sardo, decorato sul campo da Napoleone I della Legion d'onore e di due medaglie d'oro al valore da Vittorio Emanuele I. Aveva il grado di tamburo maggiore e, di alta e gagliarda statura, soleva far volteggiare il bastone del tamburo sul piazzale prospiciente l'ingresso della caserma Hotel, lanciandolo oltre al tetto della caserma per riprenderlo a volo nel cortile interno».
Ancora il Pittavino racconta: «Dopo l'incontro col re, Rosina era rientrata a Pinerolo, e di qui inviava al sovrano una supplica perché volesse degnarsi di conoscerle una dote "perché si possa sposare con il povero sergente a cui è fidanzata". Invece di concederle la dote, il sovrano inviava a Pinerolo il capitano Casale, perché accompagnasse a Torino la bella. Il sergente fidanzato venne trasferito in Sardegna e la bella Rosina ebbe, invece della dote, una bimba che fu battezzata col nome di Vittoria Guerrieri ed inviata a balia a Pollenzo».
Più tardi il re sposava la bela Rosin con rito morganatico. «A superare le difficoltà ecclesiastiche di tale matrimonio si adoperò efficacemente l'abate Jacopo Bernardi, vicario della Diocesi di Pinerolo».

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Paola Molino