Quando gli affetti si traducono in regali
Giudicare il Natale guardando al volume degli acquisti sa di sacrilegio. Perché è una festa che dovrebbe privilegiare i sentimenti più che il portafoglio, l’altruismo più che l’egoismo, l’essere più che l’avere.
Eppure nella nostra società gli affetti in questo periodo dell’anno si traducono anche in regali, da dare e da ricevere. A volte con gioia, in altri casi con un pizzico di delusione mascherata. E magari si misurano pure con il valore venale del dono. Una pratica sconsigliabile che, se attuata, espone in non pochi casi a cocenti disincanti.
A livello individuale il rito è quello e ben pochi si sottraggono. A livello collettivo le spese natalizie si traducono invece in una sorta di indice di benessere misurabile, questo sì, in volumi d’affari per i commercianti e di disponibilità nello spendere da parte dei cittadini.
È in quest’ultimo ambito che si muove il piccolo sondaggio condotto tra alcuni operatori commerciali del Pinerolese di diversi settori, chiamati a raccontare l’andamento dei loro affari, l’umore degli acquirenti e l’entità dei loro acquisti. (approfondimenti nell'edizione in edicola)
Paola Molino