Confronto per un Governo di responsabilità nazionale

Recuperare credibilità

Sabato 11 dicembre, dopo la grande manifestazione convocata "per liberare l’Italia" dalla destra e chiusa con un discorso di Bersani sul "disastroso bilancio" del ciclo berlusconiano, i Democratici si erano convinti di essere alla vigilia delle dimissioni del Governo. Ed anche per quasi tutti i giornali Berlusconi stava per uscire sconfitto dalla "conta" del 15 dicembre.
Ma nel week-end si è aperto il mercato della politica: Fini e Di Pietro hanno perso alcuni pezzi dei loro gruppi parlamentari ed anche se di misura Berlusconi ha riconquistato il consenso del Parlamento. L’opposizione ha subito parlato di una "vittoria di Pirro", di una maggioranza che si sarebbe rivelata incapace di governare. Ma a questa polemica il Pdl e la Lega hanno replicato che sono ormai possibili solo due scelte: la continuità della legislatura od elezioni anticipate. Ed in questo caso, si voterà comunque con il "porcellum", cioè con un sistema che gioca a favore del blocco Pdl-Lega e che rende improbabile il successo di un’alleanza alternativa, che dovrebbe estendersi da Fini a Vendola.
Per reagire ad una sconfitta che potrebbe provocare la fine di un partito che non si è ancora costituito, Fini ha rilanciato l’alleanza con Casini e Rutelli, cioè di quel "terzo polo" che "Avvenire", quotidiano cattolico, teme si trasformi in un "terzo pasticcio".
Queste riflessioni dicono che il doppio voto di fiducia, invece di segnare una svolta a favore del centrosinistra, ha segnato un punto a favore del blocco Pdl-Lega. In realtà anche in questa occasione Berlusconi ha tratto forza soprattutto dalla debolezza del centrosinistra, poiché continua a non essere chiara l’alternativa al modello berlusconiano, e neppure quale sarà la proposta di riforma elettorale che il Pd si proponeva di realizzare. Tuttavia nell’ultima settimana Casini ha ripetuto che l'Unione del centro, che è il punto di forza del Terzo polo, affronterà le elezioni in concorrenza con il Pdl ma anche con il Pd, mentre Bersani pensa che il Pd possa diventare alternativo alla destra alleandosi con il Terzo polo. Siamo al gioco dei quattro cantoni: se il Pd si schiera con Vendola per avere i voti della sinistra radicale, rischia di spingere i moderati tra le braccia di Berlusconi; ma il Pd teme di non vincere la sfida contro la destra senza i voti della sinistra radicale. D’altra parte, qualunque scelta compia il Pd, si riapre al suo interno il dibattito sull’identità riformista del partito. Bersani conosce certamente la relazione tenuta da D’Alema al vertice di Varsavia delle Fondazioni socialiste: in Europa la sinistra non è in grado di vincere, da sola, la sfida contro i conservatori; i socialisti possono tornare a vincere solo alleandosi con i centristi. Come si coniuga questa riflessione nella realtà italiana? La speranza che qualcosa si muova dipende dal fatto che scenda in campo l’area dell’astensione e degli indecisi, un’area che supera ancora il 40 per cento degli elettori.
Tuttavia non è questa la sola incognita. La cronaca del 15 dicembre impone una riflessione molto seria anche sulla manifestazione di protesta dei giovani che è degenerata in guerriglia urbana. Ed è centrale, su questa questione, l’opinione espressa dal capo della Polizia: è un errore «scaricare sulla Polizia tutte le tensioni provocate dalla crisi sociale» che il Paese sta attraversando. Le immagini degli scontri trasmesse dalla televisione fanno temere che stia per mobilitarsi una generazione senza speranze. L’Italia sta tornando agli Anni ’70? Dobbiamo chiederci: un Governo che fonda la sua politica sulla radicalizzazione dello scontro sociale, può trovare il bandolo di una matassa così complicata? La gravità della crisi sociale dovrebbe indurre i partiti al dialogo, per dare al Paese un Governo di responsabilità nazionale.

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Paola Molino