Facciamo gruppo per salvare l'ospedale civile

Nell'interesse dei pinerolesi

Forse stiamo precorrendo i tempi. Forse il timore - che dovrebbe riguardarci tutti, utenti ed amministratori del Pinerolese - qualcuno potrebbe considerarlo eccessivo. Ma è meglio tutelarci prima. Dopo sarebbe troppo tardi. Di treni il Pinerolese ne ha già persi molti. Non vorrei che perdesse un'altra volta, perché declassato, anche, l'ospedale "Agnelli" di Pinerolo.
Non è affatto una questione campanilistica. È che in gioco c'è la qualità della cura, la vicinanza ad una struttura che pur con qualche pecca - e chi non ne ha - significa garantire una qualità di vita e di cura di 130-150mila persone confermando «che il cittadino è al centro della sanità applicando un modello che potenzia i servizi e taglia gli sprechi». Parole sacrosante. Le ha dette il presidente della Regione, Cota, e chi non oserebbe sottoscriverle.
Ma proprio Cota parla anche di riorganizzazione a partire da alcuni punti qualificanti. Cioè quello che tecnicamente viene definito come «passaggio dalla spesa storica alla spesa standard» poiché oggi non si sarebbe in grado di controllare efficacemente «se nei singoli centri di spesa che fanno capo alla sanità vengono rispettati i parametri di efficienza». Detto in altre parole più comprensibili: sprecare di meno ma garantire un buon servizio a favore dell'utente finale che siamo noi tutti. Con un avvertimento: ogni area geografica ha delle sue caratteristiche. Già l'ospedale civile "Agnelli" sembra lontano a molti (45 chilometri da Pragelato, 30 da Bobbio Pellice) ma una volta in ospedale abbiamo la garanzia che molti servizi sono perfettamente funzionanti, sottolineando infine un aspetto: che gli errori umani fanno parte di ogni attività lavorativa e/o professionale. Tanto per essere chiaramente espliciti rispetto ad avvenimenti recenti di cui si è occupato anche "L'Eco del Chisone" nelle ultime settimane. Se è stato commesso un errore verrà accertato, ma l'eventuale errore non può inficiare la capacità professionale della gran parte del personale medico ed infermieristico. In definitiva a Pinerolo c'è un buon ospedale e migliorerà certamente quando, nel rispetto dei tempi, verranno aperti al pubblico i nuovi locali che si stanno realizzando.
Non entrerei nel merito della questione più propriamente tecnica - la divisione tra gli ospedali ed il servizio sanitario in genere - ma certo c'è più di una perplessità quando si parla di "cluster ospedalieri" (in altre parole raggruppamenti logici per settori contigui) con tre "categorie": ospedali di riferimento, ospedali cardine ed ospedali di contiguità.
Già abbiamo posto una domanda ("L'Eco" del 6 ottobre) per capire a che graduatoria potrebbe appartenere l'"Agnelli" di Pinerolo. Una risposta non c'è stata, ma è proprio in attesa che la Regione Piemonte con il suo presidente, Cota, e l'assessore alla Sanità, Ferrero, si pronuncino che deve mobilitarsi tutto il territorio. Fare squadra assieme. Non per difendere una bandierina messa sullo scacchiere della grande sanità piemontese, ma per evitare una spogliazione dolorosa di un sistema ospedaliero - quello dell'Agnelli - essenziale per la nostra qualità di vita.
Alcune istituzioni si sono già mosse. Ma anche noi - privati cittadini - non possiamo stare alla finestra. E ben venga una risposta chiarificatrice anche a livello politico, da parte della maggioranza che governa il Piemonte. Se poi ci diranno che i nostri timori sono infondati ne siamo ben lieti. Purché ci sia chiarezza e coerenza, per capire se l'"Agnelli" potrà ancora migliorare, introducendo anche nuove tecnologie e servizi oggi carenti, o se diverrà semplicemente un ospedale satellite di qualche altro grande ospedale torinese e della sua cintura.

Informazione al servizio della comunità e per essere comunità, da sempre questo è lo stile inconfondibile de L'Eco del Chisone: con l'emergenza Coronavirus, ora più che mai, lo sentiamo come un dovere non solo nei confronti dei nostri lettori, ma di tutti i cittadini. Perché solo insieme ce la faremo.
Paola Molino