Il teatro non si mangia ma nutre

Le Stagioni nel Pinerolese

Le Stagioni culturali sostenute e in alcuni casi anche organizzate dalle Amministrazioni comunali del territorio, stanno per iniziare. Nonostante tutto.
Si è tagliato di qua e di là, ma si sta partendo. Il Selve di Vigone ha già inaugurato ad inizio mese; sabato lo farà il Superga di Nichelino; al piccolo teatro S. Croce di Luserna il sipario di alzerà l’11 novembre, mentre si dovrà attendere il 30 novembre per assistere al primo appuntamento della Stagione al Mulino di Piossasco e, infine, il 6 dicembre perché si aprano le porte del Sociale di Pinerolo.
Un poco più in ritardo rispetto ai tempi passati, ma si parte, dunque. E non era scontato.
Già perché siccome la cultura non si mangia, sono andati giù pesante, i governi centrale e regionale, con i tagli ai finanziamenti. Come se in questo settore non ci fossero lavoratori e famiglie a vivere del loro lavoro.
E considerata la scarsità di finanziamenti e disponibilità, naturalmente, non sono accettabili né sprechi, né errori. Anzi, sarebbe d’obbligo una buona dose di creatività da parte di chi deve decidere i contenuti delle Stagioni e l’attività dei teatri. Così da espandere il più possibile l’offerta culturale del territorio, vista la distanza che separa un teatro da un altro, non più di 20 chilometri, nei casi peggiori. Invece spesso - nella quasi totalità dei casi -  ogni teatro è un mondo a sé stante, con una programmazione che non tiene conto di quanto viene offerto sul palcoscenico limitrofo. Con l’effetto di contrarre quell’offerta che il numero di strutture teatrali farebbe apparire decisamente vasta. È successo negli anni passati, succederà anche quest’anno, dove "Shylock - Il mercante di Venezia in prova", lo spettacolo di Roberto Andò e Moni Ovadia, aprirà la Stagione del Sociale il 6 dicembre e il giorno successivo eccolo nel cartellone di Nichelino. Situazione simile per "Thom Pain" di Will Eno: sarà in scena a Vigone il 9 dicembre, e la sera successiva, il 10, verrà presentato davanti al pubblico di Piossasco.
Economie di scala indispensabili (?), certo, ma un vero teatro pubblico - e non ci riferiamo all’edificio ma ai contenuti - deve promuovere anche una cultura territoriale, altrimenti sì che diventa un lusso per pochi pagato da tutti. Deve saper avvicinare non i "soliti noti" ma il numero più elevato possibile di cittadini, soprattutto quelli che raramente sono stimolati a spegnere la tivù per entrare in un teatro. Solo così i costi per la cultura, il teatro, si trasformano in preziosi investimenti. Solo così si riesce a far crescere un luogo, la sua gente, e a renderlo più vivibile. Perché la cultura non si mangia, ma nutre mente e cuore.

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Paola Molino