La scuola ricomincia in salita

Effetti della riforma

Dopo l’avvio, lo scorso anno scolastico, con la scuola dell’obbligo, la riforma Gelmini inizia ad applicarsi anche a quella superiore, con effetti ignoti in passato in quanto la contrazionedelle ore d’insegnamento porta alla riduzione dei posti sia di ruolo che per i docenti supplenti. Mai si era assistito ad aspiranti docenti in sciopero della fame, ad assegnazioni di nomine con le Forze dell’ordine nonché all’evocazione del più grande licenziamento di massa della storia repubblicana. Tecnicamente non si tratta di licenziamenti, ma di mancate assunzioni non obbligatorie a settembre che, per gli interessati, diventano però la stessa cosa.
Se poi si guarda alle altre nazioni, è notizia recente la collocazione del nostro sistema scolastico, su dati del 2008, al penultimo posto, su 35 nazioni Ocse, per la percentuale di prodotto interno lordo destinato agli investimenti sull’educazione, pari al 4,5 per cento. Prima è l’Islanda con il 7,8 per cento, ultima la Slovacchia con il 4, con media Ocse al 5,7 per cento. In sintesi, spendiamo poco per il sistema-scuola, i ragazzi vi passano tante ore (8.200 tra i 7 e i 14 anni, di più solo gli israeliani, con media Ocse a 6.777) ed i docenti sono pagati poco.
Vista dall’interno, la nostra pare una scuola in salita, che arranca, vista dall’esterno, e pure dall’estero, pare in discesa, in caduta. Concentrare l’attenzione solo sui posti di lavoro e sugli investimenti mancanti, pur essendo necessario, non può però bastare, in una prospettiva ad ampio raggio ed a lungo termine, senza il maggior coinvolgimento delle persone che nella scuola operano.
Il legislatore ha voluto, dal 2000 in poi, in applicazione del principio della sussidiarietà, che la vecchia scuola piramidale diventasse la nuova scuola dell’autonomia, ispirandosi al principio kantiano della libertà/responsabilità, con obbligo di sapere e dovere rendere conto del senso, dei contenuti e dei risultati del servizio pubblico educativo svolto. È come se il legislatore chiedesse a tutti i genitori, gli amministratori pubblici e scolastici, i politici, i giornalisti ed i cittadini in genere di andare nelle scuole a verificare se la funzione pubblica educativa si svolga o si possa svolgere pienamente o parzialmente, ad attestare per merito o per colpa di chi o di cosa. L’interesse a far ciò non dovrebbe mancare, visto che a scuola sia i genitori che lo Stato inviano ciò che di più importante hanno: i figli ed i futuri cittadini.
Nel momento storico, economico e culturale attuale, tutto sta globalmente e vorticosamente mutando. Nascono e muoiono fabbriche, contratti, posti ed investimenti, come quest’estate insegna. Ma la scuola o parte di essa, magari per colpa di minoritari quanto discutibili docenti, sindacalisti o burocrati qua e là presenti a carico dei contribuenti, non può restare avulsa sul vecchio pianeta statalista dell’autoreferenzialità, dell’immobilismo, dell’incompetenza o dei privilegi vari di fronte alla società italiana e mondiale che cambia, alle famiglie che sperano e fremono, alle nuove esigenze formative ed occupazionali dei giovani ed al mondo del lavoro che non esiste più, almeno per tutti gli altri.
Allo stesso modo, necessita poter individuare, assumere, valorizzare, con apprezzamento, carriere e stipendi, la grandissima, seppur silenziosa e invisibile, schiera di docenti o aspiranti tali motivati, preparati e capaci a cui le famiglie affidano o affiderebbero con convinzione, ammirazione e senza timore i propri figli.
Ma per far questo, per rifondare ed accrescere l’autorevolezza formativa della scuola, il ruolo sociale dei docenti, la legittimazione e la difesa dei posti di lavoro, l’aumento degli emolumenti. Bisogna ripartire dalle persone, dalla loro cultura disciplinare, professionale e deontologica, dal loro modo di fare, di essere e di vivere con e per gli altri.
E questa è la strada che dall’egualitarismo porta alla meritocrazia, che è l’unica rivoluzione e speranza democratica per chi non ha casato, censo, ruolo o prebenda di riserva.
Il lusso di guardare solo indietro, alle certezze del passato invece che alle incognite del futuro, non possiamo più permettercelo, pena restare anche noi, come singoli e come istituzioni, biblicamente come la moglie di Lot, di sale.

Informazione al servizio della comunità e per essere comunità, da sempre questo è lo stile inconfondibile de L'Eco del Chisone: con l'emergenza Coronavirus, ora più che mai, lo sentiamo come un dovere non solo nei confronti dei nostri lettori, ma di tutti i cittadini. Perché solo insieme ce la faremo.
Paola Molino