Anche i Comuni hanno le loro colpe

La manovra e i tagli

La manovra finanziaria strangolerà soprattutto gli enti territoriali periferici (ci sono le Regioni, le Province e i Comuni, soprattutto questi ultimi) ma cos'hanno fatto finora, proprio i Comuni, per essere più parsimoniosi? Partendo da una considerazione: che un intervento decisivo comunque è indispensabile, tant'è che non si discute tanto sul quantum dei tagli ma sui modi.
Detto questo non è che i Comuni siano proprio tutti innocenti. Anche loro hanno qualche colpa.
Ne abbiamo parlato con alcuni sindaci, pacatamente. E viene fuori un quadro dai contorni sfocati. «Fino a che abbiamo potuto abbiamo finanziato progetti che poi - ci ha detto un sindaco del Pinerolese - sono risultati non proprio indispensabili». E la conseguenza quale è stata? «Che ora dobbiamo accollarci oneri di gestione e rischiamo di non poter farvi fronte».
Va per slogan un sindaco della pianura pinerolese: «Se dobbiamo tirare la cinghia tiriamola tutti». Già ma cosa significa? «Che non è giusto penalizzare di più i Comuni, indiscriminatamente, costringendoci a tagliare o ridurre i servizi destinati alla popolazione».
Ma da qualche parte occorrerà pur cominciare a tagliare. È semplicistico dire che si deve cominciare dagli altri. Ognuno può e deve fare la sua parte. «Cominciando ad esempio - è una donna sindaco della Val Chisone a ribadirlo - dalla rinuncia agli eccessi di campanilismo». Cioè ognuno per sé e gli altri si aggiustino.
Prima o poi verranno convocati gli Stati generali del Pinerolese - l'ha promesso il presidente della Provincia di Torino, Saitta, ed attendiamo le prossime mosse - e non pare secondario un tema di discussione sull'accorpamento o consorzi obbligatori tra le piccole realtà locali (abbiamo anche provato a stilare una tabella, un po' provocatoria, che pubblichiamo al termine di questo articolo).
Nel Pinerolese sedici Comuni hanno meno di mille abitanti; una decina sono sotto i cinquecento, quattro ne hanno meno di cento. Certo hanno diritto allo stemma, alle feste patronali, ad un loro parroco (dove c'è ancora!) ma ci si rende conto cosa costa, da sola, la macchina comunale? Qui non sono in ballo i costi della cosiddetta "politica" (sono cifre modeste) ma è l'ente nel suo complesso che ha costi unitari elevati senza riuscire sempre a garantire alcuni servizi. Ognuno fa, in piccolo o in grande, la propria promozione turistica ma la ricaduta non dovrebbe riguardare ogni singola realtà, ma territori più ampi.
Consorziare obbligatoriamente i Comuni più piccoli od accorparli non significa perdere una tradizione, la propria specificità. Salza e Massello che assieme fanno un centinaio di abitanti, poco meno di Ostana ed Oncino, resterebbero sulle carte geografiche e certamente risparmierebbero qualche quattrino con un diverso tipo di organizzazione.
L'hanno capito alcuni Stati (Svezia, Olanda, Danimarca e più recentemente la Grecia) che hanno ridotto il numero dei Comuni: l'Olanda può anche sopprimerne; nella stessa direzione il Belgio. La Germania - così risulta dai documenti sull'associazionismo intercomunale in Europa - li ha ridotti da 25mila a 8.500 (in Italia, con il 30 per cento in meno di popolazione, i Comuni sono 8.094). La Francia è un caso a sé: oltre 36mila Comuni ma lì hanno creato un ente pubblico di cooperazione intercomunale con il compito di gestire servizi in forma associata.
Una domanda provocatoria per tanti sindaci: sareste disposti a rinunciare ad un pezzo di "campanile" per avere più soldi da investire a favore della gente che abita nel vostro Comune?

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Paola Molino