«La Chiesa deve tornare alle sorgenti del Vangelo»

Dopo lo scandalo della pedofilia ci si interroga, ma secondo il vescovo di Pinerolo sono tanti i segni di speranza
Riflessioni sulla fede di mons. Debernardi, il teologo Vito Mancuso e don Robella - E a Torino i fedeli incontrano il dolore di Gesù

La folla per vedere la Sindone rivela l'immenso bisogno di spiritualità dei fedeli, ma cosa può fare la Chiesa perché l'esperienza non si fermi al pellegrinaggio?

«La vita cristiana va intesa come un pellegrinaggio che parte dal fonte battesimale sino a giungere alla Gerusalemme del cielo. Sarebbe, però, un povero segno se i pellegrinaggi si riducessero a turismo o a ricerca di emozioni religiose.

Certo, ci vuole un'opportuna catechesi per aiutare i fedeli a vivere il pellegrinaggio come esperienza di Dio, di preghiera, di educazione alla carità e alla solidarietà.

Il pellegrinaggio della nostra Diocesi di Pinerolo alla Sindone supera i 1.200 partecipanti. Sarà certamente un'occasione per entrare nel mistero di quel volto e di quel corpo che la Sindone ci presenta. Nella passione di Cristo leggiamo tutta la sofferenza umana. Il pellegrinaggio porta frutto se ci aiuta a rientrare in noi stessi e a rispondere alle grandi domande di senso sull’esistenza, sul dolore, sulla morte, sul destino ultimo dell’uomo; se, ritornati a casa, ci impedisce di piombare nella distrazione e nella superficialità; soprattutto se ci cambia il cuore, rendendolo più compassionevole e più pronto alla solidarietà».

Non crede che nonostante la folla in fila per la Sindone, la comunità cattolica sia oggi in crisi?

«Certamente la fede non si misura dai numeri e dalle folle oceaniche. La fede, secondo la parole dell’apostolo Giacomo, si vede dalle opere: “La fede se non è seguita dalle opere è in se stessa morta” (Gc 2, 17). È dalla testimonianza dei credenti che si può rilevare una fede autentica. Ci sono tanti segni di speranza nella Chiesa cattolica, oggi. Ne provo ad elencare alcuni: c’è un maggiore desiderio di autenticità, di purificazione della vita di fede da tante incrostazioni che la impoveriscono (che più che fede sono espressioni di un vago senso religioso), c’è un desiderio in molti fedeli, soprattutto appartenenti a movimenti, di dedicarsi con passione all’evangelizzazione; c’è la parrocchia che diventa sempre più casa accogliente e luogo primario di educazione alla fede; c’è un cammino ecumenico irreversibile; continuano ad esserci uomini e donne che nel mondo danno la vita per il Vangelo e la promozione umana. Lei mi chiede anche che cosa si può fare per rendere più salda e serena la fede in Dio. Rispondo dicendo che la Chiesa deve tornare alle sorgenti del Vangelo; diventare Chiesa più leggera, più snella. Occorre puntare sull’essenziale: creare delle comunità, anche piccole, dove si vive la carità autentica verso chi è nel bisogno, espressione di un grande amore per Dio. La Chiesa cattolica non deve avere la preoccupazione dei numeri quanto della qualità. E quando dico qualità intendo la bellezza dell’amore che Cristo ci ha insegnato, incarnato nel quotidiano».

(continua)

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Paola Molino