A Palazzo Barolo, Baretta, Carena e gli altri

È fatto abbastanza raro che Torino si confronti con l'arte moderna e contemporanea di contenuto trascendentale. L'ha fatto con l'occasione della Sindone individuando con il tema del "Sepolcro vuoto" tre filoni su cui far coinvolgere la sensibilità degli artisti sulla vita, morte e resurrezione di Cristo.

Il percorso, allestito a Palazzo Barolo in via delle Orfane 7, curato da Giovanni Cordero, mette in luce il «rispetto della vita che nasce e della procreazione», ovvero l'amore e la corporeità, la maternità, la natura. Ecco le opere di Sergio Capellini dalla semplificazione formale plastica, di Severino nella terracotta colorata, di Luigi Stoira, di Sergio Unia con la sua morbida "Attesa". La donazione d'amore e di grazia, corpo e anima, è ancora esplicitata da Darko, Di Pasquale, Galliani.

Agosti, Borgarelli e Tabusso si mettono in rapporto con la natura, con l'ambiente globale futuro. Sulla "Salvezza" per stimolare una coscienza civile collettiva. Le tragedie sono denunciate da Piero Lerda, Giammarinaro con una coinvolgente "Marea nera", da Gilardi, da Schifano con il "Paesaggio anemico", da Tessari.

E poi i cieli di Antonio Carena, "Oltre il buco nero del nulla".

"Il sollievo alle sofferenze" esprime stati d'animo che interpellano l'accoglienza, la solidarietà in spirito di pace. Il dolore e la tortura vengono denunciati dalla forza plastica di Unia.

È emblematica l'opera di Michele Baretta con quella giovinezza immolata e soccorsa; così la figura inquietante di Colombotto Rosso, o le espressioni scolpite di Garbolino Ru che denunciano un vuoto esistenziale, la paura. Un futuro credibile sta scritto nell'opera di Tabusso (un giardino che dà gioia e diletto) e nella sequenza degli sguardi di 80 bambini composta in acrilico da Titti Garelli.

"La morte e la nuova Vita", quella di Cristo e quella nostra, di tutti noi. La sofferenza, la crocifissione, la morte. Capellini si cimenta con il sacrificio della croce pervaso di intensa tensione espressiva, mentre Alessandro Verdi con il "Crocifisso" già prelude la vittoria sulla morte, e Carlo D'Oria con la "Corona di spine" crea un ideale abbraccio dell'umanità.

Alexander Kossuth con quella "Maddalena sotto la croce" di immenso impianto spaziale, crea un momento di vera bellezza e forza espressiva. Con Nene Martelli vediamo la croce come "L'albero della vita" dove confluisce l'umanità con il Cristo.

Il trionfo della vita, la risurrezione, è emblematicamente esposto dal "Sacro lenzuolo" liberato, pensato da Carlo Rivetti. Di grande impatto scenico ed essenziale il sepolcro "visto" da De Agostini.

La luce del Risorto splende e si espande nella grande tela di Mazzonis. A contemplare il "Sepolcro vuoto" c'è lo stupore degli apostoli, gli evangelisti in primis, Pietro, e Paolo con le sembianze austere dell'artista. Messa in cima al grande scalone di Palazzo Barolo, l'opera si apre con tutta la sua sacralità a compimento di un percorso raccolto ed affascinante, partito dai sotterranei voltati a mattone, dove vi abbiamo scorto anche un'altra risurrezione, quella di Lazzaro, per opera di Gesù, tra lo stupore e lo sbigottimento degli astanti.

 

m.m.p.

 

Fino al 23 maggio, tutti i giorni dalle 9 alle 21.

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Paola Molino