Quella Via crucis di Baretta a Cantogno

Un invito alla riflessione e al raccoglimento

I venerdì di Quaresima, i riti della Settimana santa, l'ostensione della Sindone dal 10 aprile, ci coinvolgono nella riflessione della Passione di Cristo. Sono momenti forti per togliersi dal chiasso e dalle banalità quotidiane, ma anche dagli affanni, dalle ansie e dai dolori che le giornate ci propinano a volte senza tregua. Cerchiamo forse un rifugio. Ci è necessario aggrapparci a quel sottile filo che è la speranza, abbiamo il cuore che reclama tenerezza.

Abbiamo di fronte Cristo nella sofferenza delle 14 stazioni della Via della croce, vediamo il suo volto «impresso in quelli di quanti non hanno, per troppi uomini egoisti e indifferenti, né volto, né voce» (card. Pellegrino).

In silenzio ho rinnovato il percorso doloroso iconico nei riquadri che Michele Baretta ha composto nel 1951 per il santuario di Cantogno, territorio di Villafranca Piemonte.

Tra le quattro esperienze sul tema (cinque, se comprendiamo anche quella ormai evanescente di S. Bernardo a Vigone nel 1945), la Via crucis del santuario è quella che offre maggior ampiezza del racconto: la fantasia si libera e si dilata su paesaggi e su personaggi, su protagonisti e su comparse che partecipano all'azione. Il colore si è fatto atmosferico e fluido, a volte trasparente nella luce, a volte drammatico nei chiaroscuri.

Con ritmo orizzontale dalla prima stazione, con gestualità sussurrate della folla scomposta ed agitata, della condanna a morte, Gesù si erge solenne e povero, sorretto dalla sua "unicità", uomo-figlio di Dio, dignità che Baretta sa imprimere nelle successive stazioni, in rapporto con Maria, la madre, Simone di Cirene, Veronica a cui affida il suo "volto".

«Donne non piangete per me…»: mamme e bimbi sotto un cielo che si sta arrossando dietro le torri di Gerusalemme. Poi strattoni ed urla, il Cristo umiliato e spogliato: s'innalza il patibolo. È tutto un movimento cromatico: il cielo che si fa buio, squarci di fuochi, il grido.

Baretta vive lo strazio culminante, quando «la terra tremò e le rocce si spaccarono». Il disperato pianto delle donne, la Pietà. Il pittore, nel comporre la tredicesima stazione, si è lasciato impressionare dall'iconografia quattrocentesca della tradizione popolare di Cantogno presente in un affresco conservato.

Poi la deposizione del corpo avvolto nel sacro lino del sepolcro. Poche ore ancora e sarà la luce della Resurrezione. In quella luce la dilatazione del nostro cuore.

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Paola Molino